puntodelibere - Quesiti e risposte n. 5

QUESITI E RISPOSTE

torna al form web 


n. 5 - 23 febbraio 2018


Categoria 0 - LE PAROLE DA UTILIZZARE NELLA PROPOSTA DI DELIBERAZIONE
D. 
Noi scriviamo nelle delibere tanti visto, tanti premesso, tanti atteso che: ma sono parole giuste o intercambiabili? Quali dobbiamo usare?

R. Uno scrittore potrebbe iniziare in questo modo il racconto di un'adunanza del Senato accademico: «In una giornata luminosa, mentre una brezza leggera di tarda primavera avvolgeva la sede centrale dell'Ateneo, il Magnifico Rettore entrava con incedere elegante nella sala dedicata alle adunanze dei più alti consessi accademici. Sedutosi, dichiarava aperta la seduta e i muri, maestosamente affrescati, rimbombavano dell'autorevole esordio».
Invece, un segretario verbalizzante scrive:

«Alle ore 14.00, nella sala del Consiglio, dopo regolare convocazione e verificato il numero legale, il Consiglio di amministrazione si riunisce per la trattazione del seguente ordine del giorno».
La scrittura di un provvedimento amministrativo, dunque, non è una narrazione letteraria.
Infatti, uno scrittore tende a rendere avvincente il racconto. Per questo indugia a utilizzare spesso sinonimi per esprimere un medesimo concetto o anche per descrivere situazioni identiche. Il responsabile del procedimento, di contro, deve utilizzare espressioni analoghe per descrivere situazioni analoghe. In altri termini, una deliberazione è scritta come un algoritmo: a parole uguali corrispondono significati giuridicamente uguali. Quindi, siamo di fronte a una doverosa normalizzazione lessicale dei provvedimenti amministrativi.
Ora, anche al fine di evitare incomprensioni e contenzioso, risulta imprescindibile semplificare il linguaggio. Parole semplici che rinviano a concetti altrettanto semplici. In sintesi, ogni azione amministrativa ha le proprie parole di riferimento. A questo punto, possiamo suddividere idealmente la struttura della deliberazione in cinque parti, seguendo esattamente quello che prevede da un lato la legge, dall'altro la giurisprudenza di merito:
a) le premesse di fatto
b) le premesse di diritto
c) gli accertamenti tecnici
d) la motivazione
e) il deliberato
Queste cinque parti devono essere introdotte da parole univoche. Bisogna essere in grado di richiamare - senza alcuna ambiguità - le rispettive sezioni. In questo modo, possiamo idealmente suddividere la proposta di deliberazione:
a) Premesso che - per introdurre i fatti
b) Visto per introdurre la normativa di riferimento provinciale, regionale, nazionale ed europea, mentre Richiamato per introdurre le norme interne (statuto, regolamenti, precedenti deliberazioni, etc.) 
c) Accertato che - per introdurre, se presenti, gli accertamenti, ad esempio tecnici (edilizia) e finanziari (contabilità) o un ulteriore accertamento istruttorio;
d) Considerato opportuno - per esplicitare la discrezionalità amministrativa e, soprattutto, la motivazione, cioè le ragioni dell'opportunità che spingono ad adottare una deliberazione;
e) di + infinito presente (di stabilire, di approvare, etc.) utilizzando una segnaletica testuale, suddividendo per punti ogni parte significativa del deliberato
Ci occuperemo delle sequenze cronologiche e logiche in un altro appuntamento di puntodelibere. Come schema pratico, è comunque possibile fare riferimento a queste slides.
In conclusione, come sappiamo, il linguaggio è convenzionale. Ce lo ha insegnato Aristotele. Per Platone, invece, le cose nascono già con il loro nome. La sedia nasce con il nome di sedia fin dal suo apparire. Volendo parafrasare, il buon responsabile del procedimento deve essere più platonico che aristotelico. Evitare divagazioni linguistiche (variationes) all'interno di un provvedimento e mantenere le medesime parole per esprimere le medesime parti della proposta di deliberazione. La deliberazione finirà in un repertorio, non in una raccolta di romanzi d'appendice.