Ciao, Luigina

In punta di piedi quasi per non disturbare nessuno, se ne è andata la Luigina, per molti anni "bidello generale" dell’Università degli Studi di Padova. Sono quelle figure che non avevano bisogno del cognome (Pasini) per essere identificate e probabilmente in pochi lo conoscevano, perché per tutti era, appunto, “La Luigina”.  Quello di bidello era un ruolo di garanzia che nell’Italia universitaria medioevale controllava tutto e tutti.

E, ora come allora, per anni è stata una figura imprescindibile per chiunque varcasse le porte della sede centrale. C’era sempre lei, discreta, mai arrogante, leale, sempre presente, precisa e determinata nelle sue movenze. Eppure non aveva studiato, non conosceva l’inglese, non teneva conferenze. Tuttavia, ogni battuta della Luigina era memorabile, atta a meritare una nota a piè di pagina, quasi destinata a entrare nella storia accademica.

La adoravano tutti: Rettori, Direttori e Personale. Si faceva amare e sapeva farsi rispettare, forse anche complice quella comicità involontaria che arrivava al cuore. Un giorno, mentre saliva, incrociò un dirigente al quale avrebbe dovuto consegnare un “fass”, anche perché “fax” non riusciva proprio a pronunciarlo. Quando raccogliemmo 5.000 lire per un regalo per le nozze imminenti di una collega, ci disse: “Il mio ovulo l’ho già dato”!

Era orgogliosamente legata alle tradizioni universitarie, sempre disponibile con gli studenti, ma se si arrabbiava erano guai. Teneva testa ai Rettori e lo faceva con uno stile inconfondibile. Quando il Rettore Bonsembiante era in una delle giornate no e alzava la voce dicendo “Acqua!” per chiedere un po’ d’acqua minerale, la Luigina con fare impettito entrava con un annaffiatoio a bagnare le piante. E giù le risate. Un giorno ci raccontò, altra perla delle sue, di aver fatto la spesa al boyscount. E Rubbia? Quando venne il premio Nobel in Ateneo lo intercettò mentre si stava lamentando per il tocco troppo stretto. La Luigina glielo sistemò in un secondo con uno scappellotto in testa, dicendogli in dialetto: “Ma che testa hai?!”.

Nel proprio discorso di commiato, il Rettore Marchesini la definì “la colonna portante del Bo”. Non era una battuta, era proprio così. Non ha fatto tempo a godersi la pensione perché il solito, maledetto, male incurabile ce l’ha strappata dalle mani. Quelle stesse mani che agitava quando abbracciava qualcuno. Ero tra quelli che la Luigina coccolava volentieri, tanto che d’estate mi apriva il frigo per darmi una bottiglia d’acqua fresca e mi diceva: “Dottore, ci siamo capiti, vero?!”. Era il suo personale in bocca al lupo per la giornata e, mentre mi piazzava un buffetto sulle spalle, mi lasciava raggiungere il terzo piano con quel sorriso carico di umanità che mi seguiva per le scale.

Ciao, Luigina.

21 aprile 2015
Gianni Penzo Doria

 

Luigina Pasini (+ 2015)